Negli ultimi dieci anni, l’evoluzione tecnologica ha trasformato radicalmente il nostro modo di vivere, comunicare e lavorare. Tuttavia, a fronte di innovazioni come l’intelligenza artificiale e la connettività globale, emergono effetti collaterali sempre più evidenti: isolamento sociale, insicurezza e un aumento preoccupante di fenomeni come il cyberbullismo.
Secondo il rapporto ESPAD®️Italia 2024, il 47% degli adolescenti italiani tra i 15 e i 19 anni ha subito atti di cyberbullismo. Non solo: il 32% ammette di averli commessi, spesso attraverso social e chat. Un dato che allarma famiglie e scuole, considerando che quasi 7 ragazzi su 10 hanno avuto esperienze negative online (fonte: Istat).
Non va meglio sul fronte scolastico: oltre il 50% degli studenti italiani ha livelli di competenza inadeguati nelle materie di base. La dipendenza da dispositivi digitali sembra aggravare il problema, riducendo la capacità di concentrazione e di analisi critica.
Di fronte a questi scenari, istituzioni e scuole iniziano a reagire: dal potenziamento del numero 114 per segnalare abusi, a programmi come Generazioni Connesse e #cuoriconnessi per educare all’uso responsabile della tecnologia.
Nel frattempo l’IA avanza e promette efficienza e sviluppo economico, anche se, secondo Goldman Sachs, potrebbe sostituire 300 milioni di posti di lavoro nei prossimi anni.
Inoltre, in un’epoca di “ Information overload “ la sovrabbondanza di dati porta a una maggiore disinformazione, in quanto spesso non si riesce a distinguere il fake dal reale, finendo per favorire la diffusione di notizie false o fuorvianti. Cresce pure il timore legato ai deepfake, con il 40% degli adolescenti italiani preoccupato per la possibilità che immagini o video manipolati danneggino la propria reputazione (fonte: ANSA, 2025).
Come sostiene il Prof. Mario Caligiuri, “la cifra di questo secolo è la disinformazione” e più aumenta la tecnologia più diventa fondamentale una bioeducazione, si deve coltivare il fattore umano, tenendo conto delle trasformazioni interne ed esterne alla persona. Caligiuri affianca la sua idea al pensiero di Umberto Eco: “ I Social media danno spazio a legioni di imbecilli poiché diventa indistinguibile l’opinione di un Premio Nobel da quella di un avvinazzato, in quanto potenzialmente hanno la stessa platea di ascolto”.
La nascita e lo scopo iniziale di tutti i vari Media ha sicuramente una valenza nobile, purtroppo è stato l’uso errato a renderli veicolo di superficialità e cattiva informazione.
Contrastare questa nuova forma di disagio richiede un impegno collettivo: politiche pubbliche, sistemi educativi aggiornati, formazione degli insegnanti, strumenti di sicurezza digitali e responsabilità civile. Solo così potremo trasformare il potenziale tecnologico in vero benessere sociale, anziché lasciare che diventi un ostacolo alla nostra umanità.