C’è un punto esatto a Castellammare del Golfo dove il tempo sembra fermarsi, dove il mare incontra lo sguardo dell’anima e la storia si fonde con la fede popolare. È il Belvedere, luogo caro ai castellammaresi, da cui si domina la baia e si sente ancora l’eco di antiche tradizioni e promesse mai dimenticate. Ed è qui, al chilometro 37.450 della Strada Statale 187, che da quasi cinquant’anni troneggia il Cristo del Belvedere, crocifisso ligneo divenuto simbolo spirituale e identitario per l’intera comunità.

Pochi ricordano che, prima dell’ampliamento della strada, proprio al Belvedere si trovava un piccolo crocifisso, testimone silenzioso di passaggi e preghiere. Durante i lavori fu smarrito, come a volte accade ai segni che sembrano piccoli, ma che portano con sé il peso di una devozione collettiva.

Ma a Castellammare certe cose non si dimenticano. Negli anni Settanta, due cittadini straordinari, l’ingegnere Salvatore Palazzolo e l’impresario Melchiorre Giuseppe Marchese decisero che quel crocifisso andava restituito alla città, non solo come simbolo religioso, ma come atto d’amore verso la propria terra. Nel 1969, grazie a loro, venne acquistato un crocifisso in legno naturale realizzato da Otto Runggaldier, maestro scultore dell’Alto Adige, noto per le sue opere sacre. L’iniziativa coinvolse molti cittadini, riuniti nell’Associazione “Santa Croce delle Scale”, che si attivarono per ottenere i permessi necessari e portare avanti il sogno.

Fu nella notte di Ferragosto del 1977 che il sogno divenne realtà: Salvatore Palazzolo, insieme a un gruppo di volontari, collocò il crocifisso sul Belvedere. Quel giorno, il 15 agosto, il Cristo ligneo sembrò aprire le braccia non solo al paesaggio mozzafiato, ma all’intera comunità, paralizzando il traffico e commuovendo i presenti. Non era solo un’opera d’arte, era il ritorno di una promessa mantenuta.

Da allora, il Cristo del Belvedere è molto più di una statua, è sentinella e guida, simbolo di accoglienza e protezione. Le sue braccia spalancate sembrano custodire Castellammare del Golfo dall’alto, in un eterno abbraccio tra cielo e mare. È lì, immobile ma vivo nella coscienza collettiva, meta di pellegrinaggi, foto, momenti di preghiera e speranza.

Per i castellammaresi, il Cristo è anche un punto di ritorno. Uno di quei luoghi che, anche a distanza di migliaia di chilometri, continua a chiamare a sé.

Ne sa qualcosa Damiano Palazzolo, emigrato da giovane a New York, ma mai veramente lontano dalla sua terra. È tra i fondatori e pilastri del Castellammare del Golfo Social Club USA, che da oltre 52 anni tiene viva la memoria, la cultura e l’identità della cittadina siciliana nel cuore di Brooklyn. Grazie a Damiano e agli altri soci, il legame con Castellammare non si è mai spezzato. Ogni incontro, ogni gesto, ogni parola scambiata nel dialetto natìo è una carezza ai cuori dei soci che soffrono di nostalgia.

Grande tifoso del Palermo calcio, Damiano Palazzolo ama dire che la fede rosanero lo fa sentire vicino alla Sicilia. Promotore e fondatore del Club Palermo Fan Club di New York “Maurizio Zamparini”, Damiano è anche il Presidente del Club e grazie a Facebook interagisce con i tifosi rosanero sparsi nel mondo.

Ogni volta che può, Damiano torna nella sua terra perché gli manca u scrusciu du’ mari di Sicilia. Quando arriva all’aeroporto di Palermo, la nostalgia si ferma. Ma quando riparte, la nostalgia parte insieme a lui.

E quando torna, Damiano si ferma al Belvedere. Si lascia abbracciare dal Cristo, come ogni figlio che sa di avere sempre una casa che lo aspetta. Perché Il Cristo del Belvedere è molto più di una scultura. È voce e silenzio. È memoria viva. È l’emblema di Castellammare del Golfo che, da quel punto panoramico, si racconta ogni giorno, tra il blu del suo incantevole mare e il calore della sua gente. Perché i luoghi, quando custodiscono le storie giuste, parlano.

E a Castellammare, il Belvedere racconta che è nella semplicità dei gesti e nella forza della memoria che una comunità resta viva, ovunque essa sia.