di Roberto Dall’Acqua

Una deliziosa persona che della sua passione per la recitazione ne ha fatto un lavoro. Agata Fortis ci racconta il suo mondo.

– Come diventa attrice Agata Fortis?

Bella domanda! Mi verrebbe da rispondere che dopo la laurea in giurisprudenza…ho deciso di mettere la testa a posto! Scherzi a parte, ho iniziato a studiare recitazione quando sono tornata a Roma, dopo aver concluso la pratica notarile…Oltre ad aver constatato un po’ di insofferenza a passare le mie giornate dentro quattro mura, dopo aver concluso il mio “dovere” che era quello di finire un percorso che avevo iniziato, sono riuscita a sgombrare il cuore dalle aspettative sociali e ad essere onesta con me stessa.

Ero una persona diversa dalla giovane ragazza che aveva iniziato a studiare giurisprudenza. Questo cambiamento per me è stato molto netto perché oltre a quello comune della crescita, si era affiancato quello che forse mi ha segnato più di tutti: quello della malattia. A soli vent’anni mi fu diagnosticato un linfoma di Hodgkin dal quale sono guarita in sei mesi passando attraverso tutte le cure del caso.

E’ stato un bel colpo per una ragazzina che pensava di avere il mondo in mano ma mi è servito per realizzare tantissime cose e rimettere in discussione tutte le mie priorità. Mi ha donato una sensibilità e un bagaglio emotivo talmente pesante che, non riuscendo ad utilizzarlo nel quotidiano, ho pensato di mettere a servizio del prossimo, della comunicazione, che è alla base di tutti i rapporti umani. Quello che amo di questo mestiere, e che ha aiutato anche me quando mi sono sentita sola e spaesata, era trovare conforto in una bella storia, qualcosa in cui immergermi e trovare uno spunto di riflessione o una semplice speranza, una condivisione. Ma detto ciò, sono sempre stata appassionata di cinema tanto che andavo spesso a vedere i film in sala anche da sola…Mi domando solo se avrei mai avuto il coraggio di buttarmi in questo percorso se non avessi passato quello che ho passato.

– << Tanto assurdo e fugace è il nosto passaggio per il mondo…>>. L’atto del recitare può “fermare” il tempo?

Assolutamente sì. Oltre a fermare il tempo il mestiere dell’attore ti aiuta anche a sfruttarlo al meglio: ti dà la possibilità di vivere diverse vite in una sola! Interpretando diversi personaggi con le loro storie, si ha la possibilità di cambiare, di provare ad essere diversi da come si è realmente. Sforzarsi di capire come ragionerebbe un altro essere umano e comprendere le ragioni più profonde dietro ai suoi comportamenti è una sfida continua che ti aiuta ad avere un’apertura mentale enorme! Questo è il più grande regalo che un set fa ad un attore e che, a sua volta, un attore prova a donare al suo pubblico.

– Raccontaci le tue esperienze.

Tra le esperienze più significative ci sono delle piccole parti interpretate per il grande schermo, ho avuto la fortuna, si fa per dire, di iniziare a muovere i primi passi in ambito lavorativo in piena pandemia! Ho iniziato girando un piccolo ruolo per l’ultima commedia di Fausto Brizzi “Bla Bla Baby”; a seguire le esperienze più recenti sono state nella serie “Le più belle frasi di Osho” di Laura Muscardin, nel nuovo film di Pietro Castellitto“Enea”, nell’opera prima di Michela Giraud “Flaminia” e nello spin-off di Suburra la serie, anche questo in uscita.E proprio recentissimamente, ho girato il videoclip, in uscita questo 7 Aprile, dell’ultimo singolo di Francesco Gabbani “L’abitudine”. Ma dal momento che sui set che ho menzionato si è trattato sempre di piccoli ruoli, a livello di crescita artistica, devo dire che una  delleesperienze più importanti è stata quella che mi ha regalato girare il cortometraggio “L’altra metà” di Luigi D’angelo. È un corto che narra la storia di due artisti, le cui vite si intrecciano, interpretati da me e il collega Marco Marchese. La Storia ha una sfumatura drammatica ed è ricca di tante emozioni e sorprese ma soprattuto mi ha dato la possibilità di entrare fino in fondo in un personaggio e la sua storia.

– Il tuo ricordo, personale o professionale, più emozionante.

Il ricordo personale più emozionante è senza dubbio legato al momento della diagnosi della malattia. Ero a Milano durante il mio secondo anno di università quando ho capito che c’era qualcosa che non andava, e da una visita ordinaria dal medico, fatta più per sicurezza nell’imminenza di una partenza, sono finita a fare una radiografia toracica e una biopsia tutto nello stesso giorno.

Quella professionale invece è sempre legata al corto di cui parlavo prima. Una sera stavamo girando una scena fondamentale della storia, un grande confronto dai toni drammatici tra i due protagonisti. Mi ricordo che subito dopo aver finito la scena partì un applauso e ricevetti i complimenti dal regista e dal resto della troupe che si erano commossi insieme a me. E più di recente, durante le riprese del nuovo videoclip di Gabbani “L’abitudine”, sono stata avvicinata da una persona che mi ha detto che l’avevo fatta commuovere. Non c’è nulla di più gratificante per un attore che sapere di essere arrivato al cuore di chi lo guarda.  

– La quarta parete esiste? Tu la riesci ad abbattere?

La quarta parete esiste e deve esistere per creare l’illusione e permettere allo spettatore di osservare liberamente lo spettacolo e più in particolare di creare quel momento catartico di immedesimazione nella storia. Se per “abbattere” la quarta parete si intende arrivare a toccare anche solo qualche corda dell’animo di chi ti guarda, me lo auguro fortemente ma lascio che siano gli altri a giudicare!

– Sogni da realizzare?

Per il momento solo quello di arrivare a vivere di questo mestiere e di  girare ruoli sempre più importanti! 

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Di Roberto Dall’Acqua

Giornalista professionista dal 12 ottobre 1994