L’attuale emergenza sanitaria per via del Covid-19, equivale anche ad un’emergenza di natura economica e sociale, con diverse categorie di soggetti che rischiano realmente di chiudere i battenti delle proprie attività. Proprio in questi giorni, si sta sollevando l’appello del Comitato EduChiAmo in rappresentanza di migliaia di titolari di nidi, ludoteche, centri per l’infanzia e scuole privati di tutte le Regioni d’Italia. 

Il Comitato nazionale, apolitico e senza fini di lucro è nato su iniziativa di un piccolo gruppo di gestori di strutture private, tramite un post pubblicato sul social network: Facebook e nel giro di poche ore centinaia di strutture da tutta Italia hanno fatto richiesta d’aiuto. In due giorni ha preso forma una rete sul territorio con rappresentanze regionali pronte a farsi da portavoce delle richieste provenienti da tutta l’Italia.

Con un comunicato esprimono tutte le loro perplessità sul Decreto Salva Italia, ecco quanto evidenziato da TuttoPalermo.net: “Per i bambini in età prescolare e per i loro genitori non andrà tutto bene”. Vanessa Celestino referente per la regione Sicilia del neo costituito comitato nazionale EduChiAmo (www.comitatoeduchiamo.it) spiega che, alla fine dell’emergenza sanitaria, la gran parte delle famiglie che affidano i loro bambini ad asili nido e scuole materne private troverà i cancelli chiusi: in mancanza di aiuti pubblici, le rette non pagate stanno già minando la sopravvivenza di queste strutture educative che oggi, seppure obbligate a restare chiuse, sono attive con originali e variegate modalità a distanza per stare vicine ai bambini e alle famiglie. Comitato EduChiamo si fa portavoce di gestori, lavoratori e genitori, perché nell’interesse di tutti i soggetti ci siano interventi urgenti a tutela del bene comune: il patrimonio di servizi educativi presenti in tutta Italia grazie alle micro e piccole imprese private attive da decenni sul territorio. Purtroppo, il decreto Salva Italia, non contiene interventi a misura di queste realtà che, costrette alla chiusura per prime hanno mantenuto praticamente tutti i costi fissi a loro carico, senza poter più contare sul contributo dei genitori che, in molte situazioni è venuto a mancare, per ovvi motivi di disagio delle famiglie stesse, colpite dalla crisi generale del mondo del lavoro, prima feroce conseguenza di questa emergenza sanitaria. Quello che si sta configurando è uno scenario di ‘guerra’ tra genitori ed educatrici, spesso direttamente titolari di strutture, che brucia anni di lavoro attento per costruire relazioni e alleanze tra i servizi e le famiglie. Non è immaginabile che, nel prossimo futuro, i bambini si ritrovino a giocare tra le macerie di quei luoghi che hanno garantito il loro benessere e la crescita educativa e che un domani, al momento della ripresa lavorativa, i genitori non abbiano una rete di servizi essenziali sui quali contare. Quello dei servizi privati per i bambini non è un settore ‘di nicchia’: nella fascia d’età che precede la scuola dell’obbligo, la metà della popolazione scolastica del Paese frequenta strutture private, a integrazione di strutture pubbliche insufficienti per soddisfare la domanda di servizi per la fascia 0-6. Secondo l’ISTAT nell’anno scolastico 2017-2018 i posti per i bambini erano 354.641, 51% dei quali pubblici. I nidi privati rappresentano il 70% delle strutture a livello nazionale. Parliamo dunque di un polmone di cui l’Italia non può fare a meno e di una conquista sociale per i diritti delle madri lavoratrici. EduChiAmo sta promuovendo uno sguardo lungimirante, convogliando le forze di scuole, famiglie, personale educativo. Chiede alle rappresentanze Ccnl (FISM e ANINSEI), alle rappresentanze sindacali, all’ANCI per i singoli Comuni e al Codacons di superare una visione auto riferita e di unire le forze per agire in modo unitario avviando un dialogo costruttivo con le Istituzioni, chiamate a intervenire responsabilmente affinché i costi dell’emergenza non ricadano solo sulle famiglie, creando squilibri e inevitabili tensioni sociali”.

Di seguito le richieste del Comitato inviate anche al Presidente della Regione Siciliana:

credito imposta, come previsto dall’art.65 DL 18/2020, per il canone di locazione, per tutte categorie catastali dove sono insediate attività produttive chiuse causa COVID 19;

taglio delle aliquote IRAP o addirittura eliminazione per l’anno fiscale 2020;

sospensione degli ammortamenti immateriali e materiali per l’anno 2020;

sostegno economico una tantum a copertura delle perdite dei mesi di chiusura forzata, così da poter restituire alle famiglie quanto versato per quei mesi, oppure completa detraibilità delle rette sostenute dalle famiglie per i medesimi mesi;

la facoltà di capitalizzare tutti i costi fissi mensili di gestione sostenuti dalle imprese a fronte di ricavi a zero o ridotti dello stesso periodo, in modo tale da spalmare su più esercizi e non solo sul 2020 il sostenimento di tali oneri;

azzeramento dei tributi locali per tutto il periodo di chiusura d’imposta.

In alternativa a queste misure, il Comitato propone la conversione del “bonus babysitter”, in una quota di rimborso da erogare alle loro strutture, pari ad una percentuale delle rette non corrisposte dalle famiglie per mancata fruizione del servizio, che consentirebbe ai titolari delle strutture di affrontare autonomamente le spesse fisse previste. 

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