Giuseppe “Pino” Taglialatela, portiere del Palermo in due distinte stagioni, 1988/1989 (34 presenze e 19 gol subiti in serie C1) e 1991/1992 (38 presenze e 43 gol subiti in serie B), nonché tra le altre ex estremo difensore anche del Napoli è stato intervistato in esclusiva per TuttoPalermo.net dal Direttore Rosario Carraffa. 

Il calcio poteva fermarsi prima anche fuori dall’Italia?

“Nessuno di noi era preparato ad una cosa del genere e oggi stiamo tutti prendendo conoscenza della gravità della situazione. Si è andato avanti perché si pensava di poterlo continuare ne sicuramente si è sottovalutato il tutto. Quando si è preso conoscenza però l’Italia ha reagito bene anche nello sport ma sarebbero dovuti essere più celeri a fermare tutto, ci siamo resi conto che non era vero che si trattava di qualcosa di poco più dell’influenza. Il calcio non va giocato a porte chiuse, va fermato. Se si fosse fermato prima forse ci sarebbero meno contagi, il calcio poi serve anche a far prendere coscienza a tutti della gravità”.

Quali sono le tue sensazioni per il Palermo che è dovuto ripartire dalla Serie D?

“Seguo il Palermo per una questione di affetto perché lì sono cresciuto e ho capito che potevo fare questo mestiere. In rosanero ho esordito in Serie C quando era davvero importante ed era piena di grandi giocatori. Quell’esperienza mi ha fatto crescere e mi ha fatto diventare quello che sono. A livello umano ho conosciuto gente spettacolare e ancora ho tanti amici, dopo il mio Napoli c’è sempre il Palermo. Mi fa tantissimo piacere che tutti a Palermo mi ricordano con affetto ed è una cosa reciproca. Ero un ragazzino ma è stato incredibile l’affetto che ho ricevuto che mi fece passare tutti i timori normali. Ricordo ancora Giacomino (storico custode dello stadio ndr.) che mi portava il pesce, sono cose che non dimenticherò mai. Sono sempre attento a quello che succede a Palermo e mi è dispiaciuto molto quanto è successo, spero di vederlo presto in Serie A, dove deve stare. Comunque in un girone molto duro i rosanero stanno facendo bene. Le squadre che giocano contro il Palermo danno qualcosa in più, è normale. capita anche contro l’Ischia che, a livello campano, ha comunque il suo prestigio. Per questo vincere il campionato non è semplice. Pergolizzi è un mio carissimo amico perché siamo stati a Napoli assieme e spero di venirlo a trovare per fargli i complimenti per la vittoria del campionato”. 

Come spieghi questa stagione negativa del Napoli?

“Nessuno si aspettava un campionato del genere del Napoli. Bisogna ringraziare tantissimo Gattuso perché ha trovato problemi notevoli dal punto di vista mentale e fisico. Stranamente un allenatore come Ancelotti non è andato come tutti si aspettavano, ci sono stati problemi anche a livello di gestione dello spogliatoio. Dispiace, perché per la squadra che ha il Napoli poteva essere lì a giocarsi lo scudetto con la Juve. Poteva essere l’anno buono perché la Juve non è quella di sempre e ci si poteva inserire in una lotta a quattro con Inter e Lazio. Ancelotti ha fallito dal punto di vista sportivo inaspettatamente”. 

Tu eri un grande para rigori, qual è il ricordo più bello da questo punto di vista?

“Il primo amore non si scorda mai e il primo che ricordo è con la maglia del Napoli contro il Cosenza in Coppa Italia nel settembre 1990. Il primo non si scorda mai, certo ricordo con piacere che ho parato un rigore a Batistuta e a Baggio. Il più difficile è stato quello con Signori perché tirava senza rincorsa e non era facile. Ne ho parato 12 su 27, 46% di rigori parati è un record che mi tengo stretto con piacere”. 

Cosa cambia tra giocare e allenare?

“Io ho smesso di giocare quando non ho sentito più quella forza che mi permetteva di essere esplosivo come un tempo. Sono felice di aver smesso dopo 20 anni di carriera fatta con professionalità e applicazione. Oggi si vedono più attori che calciatori mentre prima si rispettavano più regole. Non ho mai voluto fare l’allenatore ma ho voluto dare consigli a portieri giovani e lo faccio a livello di hobby non di mestiere. Faccio il dg a Ischia e c’è un bel progetto col settore giovanile. Siamo primi in Promozione e vogliamo raggiungere i professionisti in 10-12 anni, facciamo crescere i giocatori isolani e giochiamo solo con loro. Ho riscoperto il senso del calcio che piace a me. Il calcio moderno lo guardo perché mi piace guardare il calcio ma con meno passione perché non mi ci rivedo”. 

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